“vorrei essere ricordato soprattutto come un educatore, come un curioso della vita e dell’arte”
Salvatore Fornarola è stato uno dei più grandi artisti italiani della seconda metà del ‘900. La sua fama internazionale è in gran parte dovuta al crisma dell’irripetibilità delle sue opere, riconosciuta in modo unanime.
Un percorso artistico incredibile anche per il solo fatto che il Fornarola ha praticamente interrotto gli studi da bambino, che le sue opere sono fatte di un materiale “povero” e fragile come l’argilla e che nella sua attività artistica sembra percepire e aderire ad un ancestrale istinto creatore.
In una intervista del 5 Febbraio 2012, apparsa sul Resto del Carlino, è lo stesso Fornarola a trasmettere questo suo interno sentire: “l’arte mi permette di tradurre in concreto il senso dell’ordine matematico dell’universo, mi consente di giocare, di dare sfogo alla mia curiosità, al mio spirito di libertà” dove traspare anche l’importanza simbolica del materiale utilizzato “la terra e il suo colore come elemento primordiale che include la sua forza in potenza, la terra, il primo materiale con cui l’uomo ha misurato la sua capacità di trasformare le cose. E le mani, lo strumento che dell’uomo sono il supporto alla sua intelligenza”.
Questa caratteristica dell’irripetibilità delle opere di Fornarola è ben spiegata da Giuseppe Pende, artista e collega presso la Scuola d’Arte di Fermo, sul Resto del Carlino del 28 dicembre 1980 afferma: “Vorrei dire questo: se io, poniamo, rubata l’idea avessi voluto realizzarla, avrei sicuramento trovato difficoltà serie e forse insormontabili nel semplice calcolo e nella messa in opera dei filamenti in argilla del globo. È un problema creato dalla necessità di trovare i limiti, tra i quali possono, sebbene in antitesi fra loro, conciliarsi il peso totale e lo spessore di detti bigoli di creta fresca, sia per la statica che per … l’estetica. Il Fornarola non è nuovo a queste diavolerie. Quest volta il nostro instancabile e puntiglioso ricercatore e sperimentatore ha fuso invece ardui problemi tecnici e profondo significato estetico. A realizzare quindi qualcosa di durevole difficilmente riuscirebbe l’artista sfornito di capacità virtuosistiche o chi, ferrato tecnicamente, non possegga fantasia poetica”.
Una “passione” artistica che lo ha portato da prima a realizzare strutture modulari sempre più complicate, poi piatti e ciotole di ceramica dal fascino incredibile ed infine gioielli che hanno rappresentato il suo ultimo campo di ricerca purtroppo incompiuto.
Oltre 600 opere d’arte, più di 500 documenti, e centinaia di testimonianze inedite
L’infanzia
“le mie scelte frutto di passioni altalenanti, di situazioni contingenti, la seconda guerra mondiale. Qualche anno di scuola elementare recuperato dopo la fine del conflitto, l’esperienza presso un falegname a costruire carrozze giocattolo”.
Dal 1970 l’arte astratta
“dopo aver partecipato quasi di nascosto dal preside ad un concorso di Faenza, l’istituto risultò vincitore (1972) di un primo e secondo premio. Da quel momento avevo carta bianca come insegnante e davanti a me una carriera di artista“
Le ciotole e i piatti
“il mondo è colorato, quello della terracotta è un colore, poi il rosso, il blu dei miei piatti sottili e quasi trasparenti incredibilmente, ma sempre nati dalla terra”
I paesaggi e gli alberi del futuro
“i coni sono alberi del futuro, anche quando dovesse scomparire il verde della terra, l’uomo sarà in grado di inventare nuovi alberi. Io credo nell’uomo, nella sua capacità di reinventare nuovi mondi, nuove realtà”
Dal 1960 a Fermo ad insegnare l’arte della ceramica
“In un primo tempo era possibile solo condurre lezioni di arte accademica, ma io passavo ore e ore a sperimentare il nuovo in uno sgabuzzino scolastico che mi era stato messo a disposizione“
Le strutture
“fra arte e matematica c’è uno stretto rapporto. Il mio è uno strutturalismo modulare, l’elemento è il quadrato con la x in mezzo“
Le opere impossibili
“sono sempre stato affascinato dai cosiddetti maghi, dai prestigiatori, così ho voluto concretizzare il trucco e rendere visibile l’impossibile facendolo diventare scultura”
I gioielli
“con la nuova tecnica della polverizzazione, in particolar modo con i metalli, si stanno realizzando opere di oreficeria di grande interesse artistico, facendo superare difficoltà tecniche impensabili prima”.