Scrive Gian Carlo Bojani “Egli se è infatti voluto misurare nella realizzazione di qualcosa ritenuto “impossibile”. Fornarola ha voluto trasporre in ceramica due figure impossibili ideate da L.S. e R. Penrose e che gli stessi pubblicarono in uno studio del 1958 dedicato appunto al tema degli “impossible objects: a special type of illusion”. Le due figure impossibili sono stare riprese poi da Richard L. Gregory nel volume “Occhio e cervello. La psicologia del vedere”. Sono due oggetti che, secondo Gregory, “… apparentemente rappresentano degli oggetti, ma che non corrispondono a degli oggetti reali …. sembrano avere un significato ma che osservati più attentamente non rivelano ai nostri occhi gli elementi per potergliene attribuire uno, cosicché la ricerca prosegue senza trovare mai una soluzione perché questo in pratica non esiste”.
Il famoso “triangolo di Penrose” è un esempio di ciò che viene chiamato oggetto impossibile, ovvero un oggetto che può essere rappresentato solo in maniera bidimensionale e che quindi non può trovare una sua costruzione nello spazio.
Penrose, all’interno del suo articolo, descrive un processo di costruzione di una “teoria di coomologia” delle figure impossibili basata sulla “prospettiva”. Infatti, sebbene il triangolo di Penrose sia a tutti gli effetti un oggetto impossibile, è comunque possibile realizzarlo in tre dimensioni grazie a dei giochi di prospettiva: distorcendo la distanze tra i tre lati del triangolo, si può quindi creare una situazione per la quale un dato osservatore può vedere il triangolo di Penrose.
Oggetti impossibili che hanno sempre affascinato l’artista tanto da fargli instaurare un rapporto epistolare con lo scrittore newyorkese Nicholas Falletta che nel 1984 aveva pubblicato nel capitolo “le figure impossibili“, del suo “il libro dei paradossi”, alcune delle forme realizzate dal Fornarola come la copertina dalla edizione del 2008. Un rapporto sugellato dal libro “impossible world” di Bruno Ernst con cui Falletta ha voluto omaggiare l’artista nel 2006.
“Il mistero, l’illusione, l’impossibilità dei due disegni quasi si cristallizzano nella concretezza dei due oggetti di Fornarola. Una volta decodificati i segni del loro meccanismo come Fornarola ha fatto, ci si domanda ancora come possano essere in realtà, e più di tanto sembra che non c’intrighino mentre li rigiriamo fra le mani. L’impossibile permane: e forse perdendo con l’inerzia del materiale rispetto alla grafica qualcosa d’essenziale al loro mistero immutato.”
Su questo punto il Fornarola così si è espresso: “sono sempre stato affascinato dai cosiddetti maghi, dai prestigiatori, così ho voluto concretizzare il trucco e rendere visibile l’impossibile facendolo diventare scultura”